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martedì 22 dicembre 2015

Luna della Quercia

La Luna piena di dicembre cade nel periodo del Solstizio d'Inverno.
Le temperature si abbassano, il freddo si fa intenso e la natura riposa. Tutto è spoglio e anche noi ci sentiamo desiderosi di rimanere rintanati a casa, a curare la nostra individualità. Con il sabba di Samhain e le lunazioni del Sangue e della Nebbia siamo discesi nei nostri inferi personali, liberandoci delle superficialità e incontrando il nostro lato-ombra, ma è ora il momento di raccogliere le forze e cominciare a risalire verso la luce, lasciandoci alle spalle le tenebre personali e uscendo rafforzati da questo periodo di introspezione e chiusura.
Ed ecco che entra in gioco la Luna della Quercia. Per delineare le caratteristiche di questo periodo è stato scelto questo albero, che può offrirci un insegnamento importante dal punto di vista spirituale.
La quercia resta verde anche in inverno, sebbene la sua chioma risenta del freddo invernale. Quest'albero resta forte e solido nonostante le intemperie e offre riparo a molti animali del bosco, di cui diviene la migliore amica nei periodi freddi dell'anno. La quercia è antica, ha attraversato anni e anni senza mai spezzarsi, piegarsi, ma anzi irrobustendosi.
Questa lunazione, dunque, ci porta a riflettere e a immedesimarci nelle maestose querce: in questo periodo dell'anno ci viene chiesto di riposarci, di non strafare e di non lasciarci distruggere dall'inverno che abbiamo dentro e fuori di noi, ma di piantare i semi per una nuova rinascita, sentendoci forti e solidi come la quercia che sfida il tempo. Attendiamo con fiducia tempi migliori, confidando che il freddo e il buio passeranno presto. 

Riflessione per la Luna della Quercia:
Sedetevi in un posto tranquillo e rilassatevi. Potreste meditare sulle domande che seguono, oppure scrivere su un diario qualcosa al riguardo. Chiedetevi: Che cosa è sacro per me? Che cosa è talmente importante per me da non sopportare che venga compromesso o distrutto? Per che cosa prederei una posizione? Per che cosa rischierei me stesso? Una volta che saprete la risposta, considerate per un attimo come sarebbe il mondo se i nostri sistemi sociali, politici ed economici avessero a cuore ciò che è più sacro per voi. In che modo lo stanno già facendo? Come dovrebbero cambiare? Che cosa muterebbe nella vostra vita di ogni giorno, nella vostra comunità, nel mondo intorno a voi? Potete descrivere quel mondo in poche frasi o paragrafi? Volete farlo diventare reale? Vi sentite responsabili nei suoi confronti? Se questa è la vostra risposta, allora quella è la vostra intenzione sacra. Altrimenti, qual è la vostra intenzione per la vostra vita? Che obiettivi avete? Adesso pensate al modo in cui impiegate le vostre energie e il vostro tempo. Le vostre energie migliori sono dirette nel realizzare la visione del mondo a voi cara, al servizio di ciò che è sacro per voi? C'è qualcosa di cui avete bisogno, che sia sostegno, opportunità, oppure fortuna, per aiutarvi in quel compito? A chi potete chiedere aiuto nel mondo umano? E nei regni più grandi dell'universo? La vostra intenzione sacra è il cuore del vostro lavoro. Potete rivisitarla e rivederla, lasciarla crescere e sviluppare, scriverne sul vostro diario e metterla alla prova con le vostre decisioni quotidiane. Ogni volta che agiamo al servizio della nostra intenzione sacra, ogni volta che allineiamo le nostre energie e le nostre azioni con ciò che amiamo veramente più di tutto, guadagniamo potere personale e abilità. Il sentiero davanti a noi diventa più chiaro, L'aiuto e gli alleati di cui abbiamo bisogno ci vengono incontro. Quindi, quando pensate alle vostre intenzioni, quando vi sentite scoraggiati, sopraffatti oppure impauriti, dovete solo respirare profondamente e chiedere aiuto. I grandi poteri e le energie sono tutt'attorno a noi, ma non possono darci una mano se non glielo chiediamo; e quando lo faremo, comunque, saranno presenti, impazienti di aiutarci a servire le intenzioni che portano beneficio alla vita.

Fonti:
- Il sentiero della Terra, Starhawke
- L'arte della strega, Dorothy Morrison

sabato 19 dicembre 2015

"Le Porte della Luna. Magia del Femminile", di Devon Scott

Nel panorama italiano sono pochi i testi esoterici che trattano di magia lunare, questo di Devon Scott è uno di quei rari gioielli che è sempre utile avere nella propria libreria magica.
"Le Porte della Luna. Magia del Femminile" è molto più di un saggio riguardante il nostro satellite; è un vero e proprio prontuario magico, ricco di consigli e intriso di conoscenza antica. In esso si ritrova tutta la sapienza delle antiche guaritrici, è un manuale pratico e facile da consultare per praticare la spiritualità pagana legata a tutte quelle attività che un tempo erano prerogativa del sesso femminile.
Il libro si divide in tre parti. L'autrice introduce la Luna e la sua importanza presso le antiche civiltà, illustrandoci le figure mitologiche e le divinità a essa legate. Un capitolo viene dedicato anche alla simbologia antica legata alla Luna Nuova, per poi passare a introdurre il nostro satellite anche dal punto di vista  astronomico e astrologico. In questo testo trova ampio spazio la magia delle piante; l'autrice insegna al lettore a coltivare un giardino magico e gli fa dono anche di un'importante dizionario delle piante più usate in magia, con le annesse corrispondenze, le proprietà magiche e terapeutiche. Di notevole importanza è anche il capitolo dedicato alla dispensa magica, in cui vengono illustrati i preparati che posso essere confezionati con le piante, oltre alle utilissime indicazioni sui momenti più indicati per la raccolta delle stesse e la loro conservazione.
La terza e ultima parte del manuale diventa più pratica: l'autrice illustra le basi e i fondamenti della spiritualità pagana, fornendo una guida eccellente sui momenti del giorno e della settimana più adatti ai diversi tipi di magia. Si parla qui di ore planetarie, corrispondenze dei diversi giorni della settimana e dei colori, inoltre vengono date informazioni di base su come festeggiare gli otto Sabba e gli Esbat dell'anno magico. Ci si addentra poi nelle "ricette" rituali per risolvere i problemi più comuni, dall'amore alla prosperità, dalla protezione alla purificazione.
Dietro "Le Porte della Luna. Magia del Femminile" c'è un lavoro di ricerca davvero encomiabile. La voce materna di Devon Scott guida il lettore offrendo consigli preziosi; con schiettezza e intento didascalico l'autrice offre al neofita le basi per la pratica. E' così che spiega che per praticare non servono inutili e costosi orpelli, cosa che molti testi esoterici moderni vogliono invece farci credere, ed è una cosa che ho apprezzato molto. I numerosi rituali proposti fanno comprendere come il paganesimo e la stregoneria non siano spiritualità per "figli dei fiori" da prendere alla leggera, ma vere e proprie pratiche religiose di una certa rilevanza. Interessanti i riferimenti alla magia egizia, così come l'appendice dedicato interamente alla magia gitana, di cui non avevo mai letto niente.
Insomma, Devon Scott ha racchiuso in questo testo tutte le basi (e non) della stregoneria moderna, traducendole in un lavoro preciso, appassionante e di facile consultazione che, una volta acquistata, diverrà indispensabile. Il tutto è corredato da bellissime illustrazioni, che danno un ulteriore valore al testo. E' utile anche spulciare la bibliografia di riferimento, in cui si posso trovare veri gioielli e testi di fondamentale importanza per la propria formazione spirituale.
In definitiva, "Le Porte della Luna. Magia del Femminile" è un saggio che non ha niente da invidiare a quelli stranieri che trattano di stregoneria, anzi! Sono orgogliosa di avere nella mia libreria un testo italiano di questa portata.

Titolo: Le Porte della Luna. Magia del femminile.
Autore: Devon Scott
Editore: Spaziofatato
Prezzo: 25,00 euro
Pagine: 399

venerdì 18 dicembre 2015

Il vischio, una pianta... da baciare!

Nome popolare: guastrice, pania, visco.
Famiglia: Lorantacee
Genere: maschile
Pianeta: Sole
Elemento: Aria
Divinità: Apollo, Venere, Odino, Freya
Poteri: protezione, amore, fertilità, salute, esorcismo, caccia.
Fioritura: da marzo a maggio
Parti utilizzate: foglie e bacche (queste ultime non vanno ingerite poichè velenose)

In questo periodo, si usa appendere i rametti di questa particolare pianta sull'uscio di casa, ma forse pochi di voi conosceranno la simbologia, la storia e le proprietà che contraddistinguono il vischio. 
Il vischio è una pianta emiparassita e sempreverde, che ama vivere sui rami degli alberi, prediligendo il pino silvestre, il melo, il pero e la quercia. La sua presenza si nota più facilmente durante il periodo invernale, per via della perdita del fogliame da parte degli alberi che lo ospitano.
La tradizione vuole che il vischio non vada mai raccolto con le mani, soprattutto con la sinistra, poiché in tal modo si attirerebbe su di sé la malasorte. E allora come si può raccogliere questa pianta, che spesso si trova in punti alti e scomodi? I nostri antenati si servivano di un lungo bastone, battendo i rami dell'albero che lo ospitava, finché un timido ramoscello non si degnava di volare giù, ma attenzione! Non doveva toccare terra, bisognava prenderlo direttamente con la mano. E se il bastone non funzionava, si tentava con una freccia: a mali estremi, estremi rimedi! Bisognava inoltre raccoglierlo solo durante i due solstizi.
Insomma, si trattava di un rituale alquanto complicato, non trovate?
Ma non finisce qui. Tutti conoscerete senz'altro l'usanza di baciarsi sotto il vischio; un tempo si diceva che chi passava sotto un cespo di vischio in dolce compagnia si dovesse dare un bacio. Se una ragazza non riceveva questo piccolo pegno d'amore, non si sarebbe sposata nell'anno successivo.
Un'altra credenza era quella di bruciare nel camino il mazzo di vischio che aveva addobbato la casa durante le feste entro il 6 gennaio, per scongiurare il rischio di rimanere zitelle.
Si credeva inoltre che il vischio potesse essere utile a trovare l'oro, e che si illuminasse di notte, facendo luce ai viaggiatori.
Tutte queste usanze derivano dalle antiche credenze riguardo questa magica pianta che in particolar modo ci giungono dai Celti (sempre loro, sì), che consideravano il vischio una pianta magica, misteriosa e divina, poiché non poggia le sue radici a terra. Essa infatti, come già accennato, cresce come parassita sui rami degli alberi, ha dunque radici aeree. Si credeva che nascesse lì dove si era posata la folgore divina, divenendo dunque simbolo di immortalità e rigenerazione. Il vischio era sacro ai Druidi, ma solo quello che cresceva sul rovere, poiché questo albero spesso veniva colpito dalla folgore, che ritenevano una manifestazione divina.
La sacralità del vischio però non era una credenza esclusiva dei Celti, ma anche di popoli di altre parti del mondo; in Giappone viene considerato ancora oggi una potente medicina in grado di guarire ogni malanno, mentre in Africa si venera una specie di vischio che viene portato come talismano.
La natura solare del vischio, la sua nascita dal Cielo e il suo legame con i solstizi hanno infine ispirato ai cristiani il simbolo del Cristo, luce del mondo e nato misteriosamente.
Dalle foglie del vischio si ricavano infusi, ma le bacche sono velenose per l'uomo. In fitoterapia questa pianta viene utilizzata per le sue proprietà diuretiche, antispasmodiche, antinfiammatorie ed è efficacie contro l'ipertensione arteriosa. E' bene però non utilizzare da soli questa pianta, ma consultare un'erborista, poiché l'uso sbagliato del vischio potrebbe portare ad avvelenamento.

Usi magici:
Il vischio è una pianta luni-solare per il suo fusto dorato solare e le bacche perlacee lunari. Se tenuta in casa dà fortuna, creatività, salute, denaro; se si portano addosso tre bacche legate insieme con filo di seta rossa, si avrà fortuna, amore e gloria. Il vischio è legato a miti di morte e resurrezione.
I contadini credevano che il vischio proteggesse dai fulmini, quindi spesso ne mettevano dei rametti sulla porta delle stalle e delle case. Si usa mettere un rametto di vischio nelle culle dei bambini per proteggerli dai pericoli.
Portato addosso favorisce il concepimento; se un uomo regala a una donna un anello fatto di legno di vischio, significa che desidera molti figli.
Dona sogni tranquilli e sereni se messo vicino alla porta della camera da letto, sotto il cuscino o sulla testata del letto.
- Bagno di purificazione prima di un rituale: prendete una manciata di foglie di vischio (mai le bacche) e lasciatela macerare una notte in un litro di acqua lustrale. Il giorno seguente mettete tutto nell'acqua del bagno, assieme a tre manciate di sale grosso.
- Talismano per propiziare la fortuna: un ciuffo di artemisia, un rametto di vischio, alcune spighe di grano e un rametto di agrifoglio vanno legati prima con un po' di filo di ferro, poi con un nastro dorato. Appendete il talismano nel luogo in cui trascorrete più ore durante la giornata.
- Talismano per concepire un bambino: prendete un sacchettino di stoffa bianca, inserite all'interno bacche di vischio, semi di papavero, fiori di iperico, la buccia di un melograno e portatelo appeso alla cintura per una lunazione intera.

Fonti:
- Florario . Miti, leggende e simboli di fiori e piante, Alfredo Cattabiani
- Le porte della luna. Magia del femminile, Devon Scott
- Il grande libro delle piante magiche, Laura Rangoni
- Enciclopedia delle piante magiche, Scott Cunnigham
http://www.riza.it/benessere/erbe-e-fitoterapia/2348/il-vischio-una-pianta-dalle-molte-virtu.html

martedì 15 dicembre 2015

Il Soltizio d'Inverno, Yule e Natale, feste del Sole

L'autunno volge ormai al termine, le giornate si sono fatte sempre più fredde e il buio notturno prevale sulle ore di luce del giorno.
Ci stiamo avvicinando sempre di più al Solstizio d'Inverno, giorno in cui le ore di oscurità raggiungono il loro culmine a sfavore di quelle luminose diurne. Dal 21 di dicembre, tuttavia, il sole comincia a riconquistare poco a poco, minuto dopo minuto, il suo trono nel cielo. Fin dai tempi più remoti il Solstizio d'Inverno è stato festeggiato, portando in sè messaggi di rinascita, vita e allegria.
E' un momento di passaggio e come tale è stato arricchito di valenze simboliche fin dall'alba dei tempi, pervenuti fino a noi con la celebrazione del Natale cristiano.
Il periodo che da Samhain arrivava fino al Solstizio invernale era un momento critico per le popolazioni antiche, che si sostenevano con le attività agresti seguendo i ritmi e i cicli di madre natura. Il cibo scarseggiava e il freddo era insopportabile, bisognava vivere con le provviste fatte durante l'estate; giungere al Solstizio d'Inverno significava avere la speranza di riuscire a passare i mesi più bui e più freddi dell'anno e la rinascita del Sole e della Natura tutta era propiziata da riti e festeggiamenti. In questa festa, particolarmente sentita, c'era la promessa di una rinascita futura, del ritorno della primavera e dell'estate che avrebbero portato di nuovo l'abbondanza sulle tavole e la gioia dentro i cuori.
Già gli antichi Egizi festeggiavano questo particolare momento dell'anno, poichè era in questo periodo che nasceva Horus, divinità solare. Horus nasce dal corpo ormai morto e smembrato di Osiride, a simboleggiare la vita dopo la morte e il ciclo annuale del grano (leggi il mito di Osiride qui). In occasione di questa importantissima ricorrenza, l'antico popolo egiziano decorava gli alberi con frutti e simboli solari, proprio come facciamo ancora oggi nelle nostre case. Le celebrazioni della nascita di Horus diedero il via a un'epidemia di festeggiamenti in tutto il mondo antico, e fu così che Babilonesi, Greci, Romani, Celti e Vichinghi iniziarono a festeggiare il Sole Bambino.
Nel periodo che va dal 21 al 25 dicembre, tutto il mondo antico era in fermento e si accingeva a festeggiare con banchetti, addobbi, giochi, divertimenti e regali; tutto questo fu poi assimilato dalla religione cristiana. Era un momento di allegria e riunione: ci si scambiavano piccoli doni, come candele, per simboleggiare la rinascita della luce e della vita, si faceva baldoria e si traevano pronostici sull'anno nuovo che a breve sarebbe incominciato. Un'antica tradizione, per esempio, dice che dal tempo meteorologico dei 12 giorni che vanno da Natale all'Epifania si potrà capire l'andamento del meteo dei 12 mesi del nuovo anno.
In tutta l'Europa, dunque, si festeggiava la morte del Vecchio Sole e la nascita del nuovo, e nel nord europeo questa ricorrenza era simboleggiata dal Re Agrifoglio, sovrano dell'anno calante, che veniva sconfitto dal Re Quercia, sovrano di quello crescente. Era la festa di Yule, termine che deriva dallo scandinavo Jul, "ruota", a significare un nuovo ciclo che aveva inizio, un altro giro della ruota dell'anno. A testimoniare l'importanza che Yule e il Solstizio d'Inverno avevano presso le antiche popolazioni sono grandi monumenti come Stonehenge. Nel giorno del Solstizio, infatti, il sole sorge attraverso un dei triliti, a dimostrazione delle profonde conoscenze degli antichi riguardo i moti celesti e i cicli naturali.
Con l'avvento del cristianesimo, dicevamo, le festività legate al Sole furono assimilate dalla Chiesa, che scelse come data convenzionale della nascita di Gesù proprio il 25 dicembre. I nuovi cristiani, infatti, attratti dai grandi festeggiamenti che si svolgevano in tutta Europa, preoccupavano la Chiesa, che scelse di far coincidere la nascita del Messia con quella delle antiche divinità solari.
Dal punto di vista spirituale, le feste solstiziali ci invitano a uscire dal torpore in cui ci siamo abbandonati con la festività di Samhain. E' tempo di risalire dagli abissi della nostra interiorità, è il momento di tirar fuori gli insegnamenti di cui abbiamo fatto tesoro nei mesi di chiusura. Se Samhain ci ha portato all'introspezione, facendoci mettere in dubbio tutte le nostre convinzioni profonde, Yule è la promessa della rinascita, della luce dopo il buio. In questo momento dell'anno abbiamo la possibilità di crescere, così come fa il Sole, e di realizzarci sul piano personale e interiore. E' un periodo adatto alla nascita di nuovi progetti, possiamo esprimere nuovi desideri e credere in un rinnovamento che potrà coinvolgere ogni ambito della nostra vita.

Fonti:
Ho scritto questo articolo di mio pugno, rielaborando le informazioni trovate nei seguenti siti e testi:
- Strie
- Il cerchio della luna
- Il calderone magico
- Calendario, Alfredo Cattabiani
- Feste pagane, Roberto Fattore
- Almanacco magico. Il tempo della magia, Devon Scott
- I giardini incantati. Le piante e la magia lunare, Devon Scott
- L'arte della strega, Dorothy Morrison

sabato 12 dicembre 2015

Abete di ieri, abete di oggi

Tutti lo sanno, l'Abete, elegante e longilineo, è il simbolo indiscusso della festività più attesa dell'anno. Ma quanto sappiamo di questo albero così meraviglioso e antico? 
Come spesso accade, le nostre tradizioni più radicate provengono da credenze molto antiche, nate ancor prima dell'avvento del Cristianesimo. 
L'Abete rappresenta la lettera "A" dell'alfabeto Ogham, usato dai druidi presso i Celti. Come molti di voi sapranno, in questo particolarissimo alfabeto ogni lettera prende il nome da un albero o da un arbusto. I Celti avevano un legame profondo con la Natura, e consacrarono questo conosciutissimo albero alla festività di Yule, che veniva celebrata il 21 dicembre, giorno del Solstizio d'Inverno. Yule, come avvrò modo di raccontarvi, è la festa della nascita del Fanciullo Divino, il Sole, che a partire da questa data rinasce e prevale sulle tenebre. Niente di così lontano dalla tradizione cristiana, non trovate? In questo periodo dell'anno i Celti si preparavano ad abbattere l'Abete più grande del bosco, per bruciarlo rendendo così omaggio al dio della luce. 
Anche presso gli antichi Egizi l'Abete era considerato simbolo della Natività. In Grecia invece era sacro alla dea Artemide, protettrice delle nascite, ma anche a Poseidone, dio del mare, poiché dal suo tronco si ricavavano gli alberi delle navi.
Fra le popolazioni dell'Asia settentrionale, l'Abete è considerato un Albero Cosmico.
Sotto il dominio del Sole, da secoli viene considerato un ponte tra Terra e Cielo, tra Materia e Spirito.
E' apportatore di gioia e allegria, e protettore delle nascite: presso i Greci, un ramo veniva appeso sulla porta di casa delle partorienti. Nella tradizione nordica orspita tra i suoi rami scoiattoli, uccelli, fate e folletti. In Germania nel medioevo si battevano le donne sterili con rami d'abete per cacciare la negatività e permettere loro di avere figli.
Questo Albero, antico quasi quanto il mondo, ha una forma conica eretta; ogni anno l'Abete mette una nuova cerchia di rami, e se lo si guarda dall'alto verso il basso si avrà l'impressione di vedere un enorme fiocco di neve. Quando nasce un Abete, esso cresce sotto l'ombra dell'Abete madre, colui che lo ha generato. Questo rapporto familiare permette al giovane albero di crescere sano e forte, protetto dal genitore.
Tutti noi conosciamo i benefici di questo bellissimo albero: la sua resina, nonché i suoi aghi, germogli e gemme, sono utili a curare la gotta, i reumatismi, le bronchiti e tutte le infezioni del cavo orale. Le gemme sono molto usate anche oggi per lenire la tosse. In passato dall'Abete venivano estratte quattro sostanze importantissime per la civiltà umana: la pece, il catrame, la resina e la trementina. Esse servivano per impermeabilizzare tutti i tipi di legno, nonché come carburante per le lampade ad olio.
Come tutti i sempreverdi, l'Abete ha sempre avuto un posto particolare nel cuore degli uomini, poiché in esso è riposta la speranza dell'arrivo della Primavera e della rinascita.
Un tempo si usava decorarlo con noci, mele, dolciumi, luci e sfere, simboli del cosmo, di fertilità, prosperità e interiorità.

Usi magici:
Se si usano rami di abete per decorare la casa o l'altare in occasione della festa di Yule, è bene conservarli per poi bruciarli al falò di Beltane.
Tutte le conifere sono usate per propiziare fertilità e fortuna, infondere speranza. Vengono usate sempre nelle miscele di purificazione. Oltre agli aghi, si possono staccare pezzetti di corteccia con resina. Bruciati sul carboncino, purificano l'ambiente e attirano su di noi la protezione degli spiriti della natura.
Le pigne entrano nei rituali per l'abbondanza materiale, la resina si mescola all'incenso nei rituali di purificazione, la corteccia si brucia davanti ai malati nei rituali di guarigione e in un sacchettino di colore rosso, appeso al collo, stimola la sessualità. Gli aghi rimandano indietro il malocchio se usati su di un testimone di argilla o cera; sparsi davanti alla porta di casa o appesi in un sacchettino, impediscono l'ingresso agli influssi negativi. Per attirare la buona fortuna, accendete una candela gialla e bruciate incenso di olibano misto a pezzetti di ramo con aghetti; girate la vostra casa con l'incensiere, in modo che tutte le stanze ricevano un po' del fumo benefico.
Sugli abeti e sulle conifere in generale è possibile attaccare striscioline di tessuto colorato con scritti i nostri desideri e le nostre preghiere: lo spirito dell'albero porterà le richieste direttamente alla divinità.
Se avete un albero di pino o di abete nel vostro giardino, accarezzatene la corteccia e cercate di entrare in contatto con lui: sarà un grande maestro di saggezza.
Se operate in un luogo che ha ospitato malati, persone sofferenti o nel quale si sono svolte liti e discussioni bruciate un misto di erbe composte da rosmarino, salvia, lavanda e abete.
Come il pino e la tuia, essendo sempreverde, assicura alla nostra casa un'atmosfera rilassata di benessere e felicità. E' propizio alla fortuna e alla riuscita delle cose intraprese, quindi è utile tenerne qualche rametto fresco, in vaso, negli ambienti dove si lavora e si studia.
L'olio essenziale può servire per rafforzare una domanda, oppure, nei riti attuati, per purificare una persona dalla negatività che la circonda.
Per proteggere le case in Germania usano tagliare rami d'abete la notte di Capodanno e inchiodarli sulle porte delle stalle e delle abitazioni per allontanare gli spiriti malvagi e le malattie.

Fonti:
- "Iniziazione ai culti celtici", Daniela Bortoluzzi e Ada Pavan Russo, Edizioni Mediterranee
- "Florario - Miti, leggende e simboli di fiori e piante", Alfredo Cattabiani, Oscar Mondadori
- "Lo Spirito degli Alberi - Una chiave per la vostra espansione", Fred Hageneder, Edizioni Crisalide
- "Le porte della Luna. Magia del femminile", Devon Scott, Edizioni Spaziofatato
- "Il grande libro delle piante magiche", Laura Rangoni


giovedì 10 dicembre 2015

"Alla ricerca di Omm Seti", di Jonathan Cott

"Alla ricerca di Omm Seti" è un libro fuori dal comune, una biografia avvincente come un romanzo d'avventura e colmo di spiritualità.
Tema principale di questo saggio è la reincarnazione, ma non è necessario credervi per leggere la storia in esso contenuta. L'autore ci parla di Dorothy Eady, grande egittologa nata nei primi anni del Novecento che visse con la profonda convinzione di aver già calpestato le strade di questa Terra in un tempo lontano, all'epoca dei faraoni dell'antico Egitto.
Dorothy Eady nacque in Inghilterra e quando era ancora una bambina cadde dalle scale, perdendo conoscenza. Fu subito chiamato il medico, che la dichiarò morta, preparando il certificato di avvenuto decesso. Tuttavia, la bambina si risvegliò dalla sua morte apparente e da quel momento iniziò a ricordare episodi della sua vita precedente in Egitto. Non riconobbe più i suoi genitori come tali né l'Inghilterra come casa e iniziò a fare strani sogni ricorrenti. Ricordò, dunque, di essere stata Bentreshyt, sacerdotessa di Iside al tempio di Abido e di aver fatto voto di castità. Qui incontrò il faraone Seti I e i due si innamorarono perdutamente, infrangendo le regole religiose e il voto di lei. Il peccato che Bentreshyt aveva commesso, tuttavia, non rimase nascosto, perchè rimase incinta. I sacerdoti la condannarono a morte per il suo affronto, ma Betreshyt si rifiutò di coinvolgere Seti I nello scandalo, così si tolse la vita per salvare l'amato faraone dalla vergogna eterna.
Anche nella sua nuova vita Dorothy Eady, meglio conosciuta come Omm Seti, non dimenticò l'amore per il suo adorato Seti I, tant'è che non solo lo sognava, ma il fantasma del faraone andava a farle visita durante la notte fin da quando Dorothy compì 14 anni, la stessa età che aveva quando incontrò il faraone quando era Bentreshyt. 
Dorothy Eady, conosciuta come Omm Seti
Questa è solo la premessa di questo libro, interessante sotto molti punti di vista. Grazie alla ricerca attenta dell'autore e alla raccolta di esperienze scritte dal pugno della stessa Omm Seti, il lettore ha modo di conoscere molto riguardo la civiltà dell'antico Egitto, della sua cultura. Il libro è costellato di piccole curiosità che invitano ad approfondire, così come molti sono i riferimenti alla spiritualità egizia che portano il lettore a riflettere per una crescita personale e spirituale. Che crediate o meno nella reincarnazione, nei fantasmi e in tutto quello che credette Omm Seti, potrete apprezzare comunque questo gioiello: potete leggerlo come un romanzo o con interesse documentario, saprete amarlo in ogni caso. E' impossibile annoiarsi trascorrendo il tempo tra le pagine della biografia di Omm Seti, non si può che ammirare la sua personalità forte, indipendente, ironica e testarda. Sicuramente fu una donna fuori dal comune, le cui conoscenze nell'ambito dell'egittologia sono risultate utili in più di un'occasione durante gli scavi archeologici ad Abido. La voce di Omm Seti sembra parlare alla nostra anima, raccontandoci una storia d'amore antica quasi come il mondo, un amore che trascende la morte e i confini del tempo, l'amore per una persona ma anche per la propria terra. Non è necessario essere esperti di cultura egizia per godersi la lettura di questo testo, fortunatamente le note a pie' di pagina sono esaustive e didascaliche.
Leggetelo se volete immergervi nell'antico Egitto, se desiderate una lettura spirituale ma avvincente come una ghost story, se amate le storie vere e vi interessa il tema della reincarnazione: non vi deluderà!

Titolo: Alla ricerca di Omm Seti
Autore: Jonathan Cott
Editore: Venexia
Prezzo: 14,50 euro
Pagine: 262

martedì 1 dicembre 2015

La discesa agli Inferi di Inanna

Uno dei miti associati al periodo autunnale, insieme a quelli di Demetra e Persefone e Iside e Osiride che abbiamo già analizzato, è quello della discesa agli Inferi della dea sumera Inanna, che va a incontrare sua sorella, l'oscura Ereshkigal.
Inanna, dea della bellezza, della fecondità e dell'amore erotico e coniugale, è la divinità femminile più importante dell'antica Mesopotamia. Il racconto della sua discesa agli Inferi è narrato in un poema, pervenuto fino a noi grazie a delle tavolette rinvenute durante alcuni scavi archeologici in Iraq. 
Gli antichi miti possono insegnare ancora molto a noi uomini moderni, poichè parlano alla nostra anima in un modo semplice, chiaro e diretto. Quello di Inanna è indicato a comprendere meglio questa lunazione, quella della Nebbia, che sta volgendo ormai al termine.

Un giorno la dea decise di scendere agli Inferi per partecipare ai funerali del marito della sorella Ereshkigal. Prima di intraprendere il viaggio, tuttavia, indossò amuleti magici e insegne regali e lasciò alcune disposizioni alla sua fidata ancella Ninshubur: se non fosse riemersa entro tre giorni dal regno infero, ella avrebbe dovuto organizzare la cerimonia funebre e chiedere aiuto alle divinità per far ritornare indietro Inanna. Quando Ereshkigal venne a conoscenza della presenza della sorella nel suo regno, ordinò di chiudere tutti e sette i cancelli. Davanti a questi ingressi sbarrati, Inanna si privò  mano a mano di tutti i suoi beni. Ormai nuda e indifesa, giunse dunque alla presenza di Ereshkigal. Venne condannata a morte e il suo corpo privo di vita restò appeso alle mura.
Tuttavia Ninshubur, non vedendo tornare la sua signora, indossò gli abiti da lutto e seguì i consigli di Inanna, chiedendo aiuto alle altre divinità. Fu Enki a rispondere alle sue preghiere: dal fango presente sotto le sue unghie, creò degli esseri in grado di essere ricevuti da Ereshkigal. Essi si finsero afflitti per le disgrazie capitate all'oscura dea e lei, per ricambiare la loro cortesia, gli concesse di esaudire un  loro desiderio. Gli esseri si fecero consegnare il cadavere di Inanna e lo aspersero con l'Acqua della Vita data loro da Enki. A questo punto però, i giudici degli Inferi vollero che Inanna fosse sostituita da un altro dio. Una schiera di demoni la riaccompagnò sulla via del ritorno e a ogni cancello Inanna ritrovò i suoi averi, indossandoli nuovamente, insieme a nuovi e preziosi doni. Risalita dagli Inferi, trovò Ninshubur ad attenderla. I demoni desideravano prendere lei, ma al suo posto Inanna condannò suo marito Dumuzi, dio della vegetazione e della fertilità, poichè era stato sleale con lei non indossando le vesti del lutto ed essendosi impossessato del suo trono durante la sua assenza. Tuttavia, la sorella di Dumuzi chiese la clemenza di Inanna, che si lasciò impietosire dalle lacrime della donna; stando alle leggi degli Inferi, Inanna riuscì a ottenere che Dumuzi fosse risparmiato, ma lui e la sorella dovettero alternare la loro presenza nel regno dell'Oltretomba: sei mesi vi avrebbe soggiornato Dumuzi, altri sei mesi sarebbero spettati alla sorella.

Anche il mito di Inanna, come quello di Demetra e Persefone, è interpretato come una raffigurazione del ciclo vegetativo. Tuttavia c'è un'altra interpretazione possibile: il viaggio di Inanna negli Inferi è quello che l'anima compie per esplorare i propri lati oscuri, confrontandosi con essi per raggiungere l'equilibrio e la completezza. Durante il suo viaggio, Inanna perde sette oggetti a lei cari, ma alla fine le vengono restituiti e torna nel regno dei vivi più forte e ricca di prima.
Nel mito di Inanna è ravvisabile anche un'affinità con la simbologia dello Scorpione, segno zodiacale che governa proprio il periodo in cui ci troviamo.
Inanna discende agli Inferi per unirsi al cordoglio della sorella, credendo di fare cosa gradita e di ricevere onore e rispetto. Tuttavia Ereshkigal, addolorata e arrabbiata per la perdita, non esita a condannare a morte la sorella, appendendola a un gancio e infliggendole così una morte lenta e dolorosa per dissanguamento, esattamente come fa lo scorpione. Durante la sua lunga agonia, Inanna soffre e acquista consapevolezza della desolazione della morte. La dea, tuttavia, viene salvata, e Ereshkigal le dice di raccogliere, durante il viaggio di ritorno, ciò che troverà accanto ai sette cancelli. I sette doni di Ereshkigal si dimostreranno, una volta che Inanna sarà riemersa dal regno Infero, sette gioielli purissimi. Inoltre, Ereshkigal confesserà a Inanna di essere incinta, a riprova del fatto che la morte racchiude già in sè il seme di una nuova vita.
In questo periodo dell'anno anche noi siamo chiamati a discendere agli Inferi, come Inanna. Dobbiamo chiuderci nella nostra interiorità, affrontare il nostro lato oscuro e riemergere rinati, arricchiti da questo viaggio interiore, fondamentale per la nostra evoluzione. Il mito ci insegna che in noi esistono i semi del cambiamento, spetta a noi il compito di lasciar morire quello che dentro di noi ormai non ha più bisogno di vivere, e far nascere qualcosa di nuovo e positivo dalle ceneri. In ognuno di noi sono seppelliti gioielli e doni preziosi, come quelli regalati a Inanna da Ereshkigal: spetta a noi recuperarli e portarli alla luce del sole, anche se questo ci porterà dolore; talvolta dobbiamo far sanguinare alcune ferite per poter tirare fuori il meglio di noi, vincendo i rancori che ci hanno afflitto nel passato.

Fonti:
- Enciclopedia della Mitologia, Gribaudo-Parragon edizioni
- Wikipedia
- Il Cerchio della Luna